L’eredità è costituita da quanto rimasto nel patrimonio del de cuius e da quanto donato dallo stesso mentre era in vita.
Il valore delle donazioni deve essere imputato all’asse ereditario attraverso l’istituto della collazione.
Gli atti dispositivi di liberalità compiuti dalla persona deceduta mentre era ancora in vita si considerano, per la legge, come una anticipazione dell’eredità a meno che non si tratti di donazione di modico valore.
Sull’intreccio donazione e rinuncia all’eredità è intervenuta la Cassazione a Sezioni Unite nel 2023, statuendo che il legittimario che rinunzia all’eredità (quando non si ha rappresentazione) può sulla disponibile ritenere le donazioni o conseguire i legati a lui fatti.
Dunque in caso di donazione al legittimario (donatario), senza che si verifichi la rappresentazione, qualora il legittimario rinunci all’eredità, la donazione ricevuta può essere comunque trattenuta ricadendo, nel calcolo delle quote ereditarie, sulla quota disponibile. Ciò però avviene a diverse condizioni: occorre che non vi sia stata espressa dispensa dall’imputazione.
Invece, in caso di donazione al legittimario (donatario), nel caso in cui si verifichi la rappresentazione, qualora il legittimario rinunci all’eredità, la donazione ricevuta potrà comunque essere trattenuta, ricadendo essa stessa sulla quota di legittima. Dunque, sarebbe possibile per il donatario ritenere le donazioni anche nel caso di rappresentazione. Infatti, laddove operi l’istituto della rappresentazione ex art. 457 c.c., il rinunciante donatario potrà mantenere le donazioni ricevute le quali però si trasmetteranno automaticamente a favore dei rappresentanti.
In conclusione, secondo la Cassazione, chi rinuncia all’eredità può mantenere le donazioni ricevute dal defunto, anche in caso di rappresentazione, a condizione che tali beni siano imputati alla quota di legittima nella quale subentrano i rappresentanti.
Avv. Rossella Calcagnile